Iniziamo questo post con un outing di quelli seri: io ho ridato Fisica II (elettromagnetismo e ottica) ben 4 volte, strappando alla fine un 24. Fisica I (meccanica e termodinamica) era andato un po’ meglio: partendo da un 15 allo scritto rimediai un 25 all’orale dopo essermi rinchiusa in casa per un paio di mesi.
No, la fisica non è mai stata la mia migliore amica.
Perciò quando mi è stato chiesto di accompagnare una delle classi vincitrici di Esperienza Italo nel viaggio didattico verso Firenze e di assistere a una lezione di “fisica in movimento” ho seriamente dovuto deglutire e respirare a lungo per non immaginarmi il mio professore dell’università in baffi, occhialini e “Torni alla prossima” che sul treno mi diceva che avevo sbagliato viaggio.
Però io sono curiosa, amo Firenze e combatto i miei demoni a viso aperto, anche quando mi bocciano a ripetizione.
Quindi il 6 maggio mi sono avviata con Ida verso questa bella avventura che è Esperienza Italo e a Bologna abbiamo raggiunto al classe 3°B della scuola media “Marco Polo” di Crevalcore (BO) per scoprire le meraviglie dell’alta velocità.
Ma facciamo un passo indietro: perché proprio la 3° B della “Marco Polo”? Perché questi ragazzi, grazie alla loro splendida insegnante di Tecnologia, hanno vinto il concorso chiamato appunto “Esperienza Italo”. A tutte le classi partecipanti è stato inviato un kit grazie al quale spiegare in modo creativo quale caratteristica di Italo può “affascinare” di più un giovane della loro età: la tecnologia, la velocità, la possibilità di raggiungere in brevissimo tempo un’altra città, il design, il servizio amichevole.
La “mia” 3°B è stata una delle classi vincitrici nella categoria della scuola secondaria di primo grado e si è avventurata in un viaggio reale e culturale nei meandri della fisica e dell’ecologia.
Dotati di smartphone per documentare l’esperienza vissuta, i ragazzi sono stati portati a riflettere su cose importanti come il perché è meno impattante, da un punto di vista ambientale, viaggiare in treno piuttosto che in auto, sulla ancora non sufficiente autonomia fornita dalle energie rinnovabili e sul perché se mettiamo una mano fuori dal finestrino dell’auto sentiamo come un muro di aria che cerca di staccarcela.
A guidare la conversazione era presente Davide, un educatore scientifico davvero preparato e molto bravo a gestire i ragazzi. Con simpatia e facendoli ragionare fuori dalle risposte preconfezionate che erano portati a dare, ha condotto gli studenti a capire che il vero succo dell’ecologia del treno AV a fronte di un viaggio in auto non è la mole di combustibili fossili complessivi impiegati, ma il loro valore pro-capite per passeggero.
Il momento più divertente? Quando Davide ha chiesto ai ragazzi perché è bello viaggiare in treno. Ecco alcune delle risposte:
Perché non ci sono mai stato.
Perché è più veloce del pullman e dell’auto.
Perché non mi sento male (!)
Perché carichi la batteria del telefono.
Lo spirito pratico di chi soffre il mal d’auto e la comunanza con la ragazza che va in crisi se le si scarica il telefono mi hanno davvero intenerito!
Ida era affascinata da quello che sentiva e ovviamente anche dai “ragazzi grandi” che guardava con ammirazione (e credo abbia desiderato di strappare un paio di zainetti alle ragazze!).
E d’altronde come si potrebbe non amare questo gruppo di splendidi adolescenti?
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